Nasce il Patto per la difesa della Sicilia

Il 1° giugno 2023, presso l’Università degli Studi di Palermo, si è tenuta un’assemblea pubblica organizzata dal collettivo cittadino di Ecologia Politica e sostenuta dall’appello a stringere un «Patto per la difesa della Sicilia». Tanti comitati, gruppi e associazioni si sono riuniti nel pomeriggio con l’intento di mettere in relazione le numerose esperienze di lotta portate avanti dai cittadini in angoli diversi dell’isola. La Sicilia, infatti, è una terra attraversata da conflitti ambientali e sociali. Un’isola sfruttata come luogo da cui estrarre risorse, energia, da utilizzare come hub militare; dove non lasciare nulla se non nocività e devastazione.Per ogni opera inquinante, ogni base militare, ogni progetto di sfruttamento delle risorse ci sono altrettanti gruppi, comitati, associazioni di abitanti che a questi si oppongono, che si battono per la difesa dell’ambiente, della salute, dell’economia locale e della naturale vocazione della propria terra. Il lavoro di ogni gruppo è fondamentale: produce un grande patrimonio di saperi, di pratiche, di storie di resistenza. Pensiamo, quindi, che nessuno debba rimanere isolato nella propria battaglia e che sia fondamentale stringere relazioni, scambiare conoscenze, immaginare percorsi comuni.Per questo stringiamo un patto per difendere la Sicilia. Perché non vogliamo arrenderci al destino di morte tracciato per la nostra terra.

Le voci dell’assemblea

Ad intervenire: il Comitato Identità e Sviluppo delle Madonie, il Comitato “NO al mega-impianto eolico alle Isole Egadi”, il Movimento per la Sostenibilità, per la difesa del territorio, per contrastare la collocazione del rigassificatore a ridosso della Valle dei Templi, l’associazione Mareamico di Punta Bianca, il Comitato di Lampedusa per la Salute Pubblica e Ambientale, Coordinamento Punta Izzo Possibile di Augusta e il Comitato città – porto per un futuro sostenibile di Termini Imerese.Il Comitato madonita ha aperto la discussione raccontando le ultime intense settimane che – dalla diffusione della notizia di un accordo firmato tra i Sindaci di Ganci, Sperlinga e Nicosia e il Ministero della Difesa per la costruzione di un hub militare di 34 km2 – hanno portato alla nascita di un comitato che è riuscito a riunire tantissime persone e mobilitarle tanto da portare i tre Sindaci a fare un passo indietro rispetto agli accordi presi. «Si trattava di costruire un hub in un luogo vivo, dove sono presenti comunità, storie, agricoltura, tradizioni e spiritualità». La messa in discussione dell’idea di “sviluppo” proposta dal progetto ha anche dato la possibilità alle tante persone e associazioni riunitesi in questo comitato di immaginare e affermare la loro idea di progettualità per l’area e di evidenziare le vere necessità per la comunità.

Il secondo intervento è stato quello del Comitato “NO al mega-impianto eolico alle Isole Egadi”. «Noi siamo un luogo un po’ isolato, di cui si ricordano solo per le vacanze, ma in realtà c’è una comunità combattiva che ha diverse gatte da pelare». Così inizia l’intervento di Diego, abitante di Favignana che nel suo intervento ha fatto una panoramica delle battaglie in corso contro i radar militari e contro il progetto per il più grande parco eolico off-shore d’Europa a largo di Marettimo, una delle isole Egadi. Anche in questo caso si è evidenziato come la notizia della presentazione del progetto del parco eolico fosse rimasta taciuta e che gli abitanti, come l’amministrazione comunale, ne sono venuti a conoscenza quasi per caso – una modalità ricorrente che si prova a mettere in campo per evitare o ritardare l’opposizione popolare alle opere. «Una mangiatoia per gli speculatori» – così viene descritto l’arcipelago dal comitato; negli anni infatti hanno dovuto fronteggiare numerosissime minacce, dai tentativi di trivellazioni petrolifere, alla speculazione selvaggia, fino ai “pirati” del turismo di massa. L’ultimo progetto prevede la costruzione di 190 mega pale eoliche, alte più di 300 metri, a pochi chilometri da Marettimo, che si trova al centro di diverse rotte migratorie di uccelli e grandi cetacei e al ridosso dell’area marina protetta, nonché sulla rotta di un grande traffico marittimo. La beffa ulteriore è che nemmeno un kwatt di energia prodotta rimarrebbe sulle isole, ma verrebbe trasportata direttamente verso la penisola. Anche l’occupazione militare ricopre un ruolo rilevante sull’isola: la presenza di radar militari non solo sottrae terra ma è anche nociva; a Favignana si è registrata infatti un’impennata di malattie dovute alle radiazioni degli impianti.Anche sul fronte di Punta Bianca (Ag) c’è un conflitto aperto con l’esercito italiano. Una storia paradossale quella raccontata dall’associazione Mareamico di Agrigento, che da decenni si batte contro le esercitazioni militari su una costa dal valore naturalistico e paesaggistico enorme. A Punta Bianca, infatti, si spara su una Riserva Naturale, finalmente istituita ufficialmente lo scorso anno, producendo un disastro ambientale su un ecosistema già molto fragile. Nonostante le tante difficoltà relative all’indifferenza delle istituzioni, l’associazione è riuscita a bloccare per un lungo periodo le esercitazioni, tramite ricorsi, presidi e perseveranza, ma non a ottenere la definitiva revoca. Per questo invitano alla mobilitazione per il 16 ottobre, quando i militari dovrebbero ricominciare a sparare.Il Coordinamento Punta Izzo Possibile si batte contro la costruzione di un poligono di tiro nella zona di Punta Izzo. Augusta ospita anche il polo petrolchimico più grande di Europa, una concentrazione di discariche di rifiuti speciali esagerata e la presenza della Marina Militare. Metà costa è occupata dalla zona industriale e l’altra metà dalla zona militare, praticamente un’isola senza mare. È stata evidenziata la difficoltà che si vive nel battersi con troppi attacchi insieme e il dramma del ricatto salute – lavoro a cui è sottoposta la popolazione. Ad Augusta, infatti, o lavori per la marina o lavori per il petrolchimico e spesso si arriva a dire «meglio morire di cancro che morire di fame». Ciononostante, il comitato, insieme ad altre realtà territoriali, prova a non fare mai calare l’attenzione e a non far passare inosservati progetti, speculazione e danni ambientali utilizzando tanti strumenti: dai presidi ai ricorsi, sino alla creazione di un giornalino satirico.E tra le isole minori, c’è anche Lampedusa, isola di un’area di 20 km², uno dei maggiori vanti della Sicilia. Purtroppo, però, viverci non risulta semplice per diverse presenze altamente dannose e lacune importanti: radar e basi militari, inquinamento elettromagnetico, assenza di un ospedale e del sistema di fognature. La città risulta la prima per tumori maschili, insieme a Linosa. Difatti, la ricchezza naturalistica e paesaggistica viene sacrificata in nome di basi militari e interessi economici che portano alla morte degli abitanti e dell’isola sotto tutti i punti di vista. La retorica sui flussi migratori è funzionale a una progressiva militarizzazione dell’isola come avamposto militare nel Mediterraneo. Il Comitato di Lampedusa per la Salute Pubblica e Ambientale si sta battendo per pretendere della analisi epidemiologiche sugli effetti dei radar. Anche la presenza di amianto, insieme alla scellerata gestione dei rifiuti, è una delle questioni su cui si batte il comitato. Il diritto alla salute, alla vita, l’opposizione alla militarizzazione sono gli obiettivi del gruppo di Lampedusa.

Infine, il Comitato città – porto per un futuro sostenibile di Termini Imerese ha illustrato le tre questioni che in questo momento attanagliano la città: il progetto del porto commerciale, la centrale elettrica Enel e il progetto del Tyrrenian Link di Terna. È passato un anno dall’approvazione, in Consiglio Comunale, del DPSS, il Documento di Pianificazione Strategica di Sistema. Un documento che ha stravolto le previsioni sul porto di Termini Imerese. Alle tante promesse decantate dall’Amministrazione Comunale e dall’Autorità portuale, di parchi pubblici a mare, di nuovi porti turistici, di nuovi waterfront, si sono piuttosto concretizzate solo cataste di ecoballe e cumuli di schifezze sulle banchine, ipocritamente denominate “merci rinfuse”. In città, piuttosto, si è assistito a un aumento dei livelli di inquinamento acustico e ambientale. Ma non sono solo questi gli accadimenti inquietanti che hanno riguardato il territorio e l’ambiente di Termini Imerese in quest’ultimo anno. Si è aggiunto anche un nefasto progetto di Terna per la costruzione del Tyrrenian Link, un elettrodotto per l’esportazione di energia verso l’Italia. A questo progetto distruttivo di Terna (società che promana da ENEL) si è contrapposto un totale silenzio riguardo il futuro della centrale elettrica, del pontile e dei serbatoi. Le tre questioni si legano tra di loro perché rispondono tutte a una visione del luogo inteso come “terra di conquista”, in cui le scelte vengono imposte dall’alto. Qui sono stati calpestati i più elementari principi della partecipazione (attiva) dei cittadini, ridotta a finzione burocratica o, piuttosto, a propaganda. In particolare, il Comitato Città-Porto – per un futuro sostenibile, in questi giorni si stanno occupando di documentare e denunciare lo scempio che Terna ha operato con lo sradicamento di 1600 ulivi secolari, spostati in uno striminzito fazzoletto di terra e molto probabilmente condannati a morte, per fare posto al cantiere del Tyrrenian Link.

Nasce il «Patto per la Difesa della Sicilia»

Da tutti gli interventi è uscita la necessità di fare rete, di lavorare in sinergia e di scambiarsi saperi e competenze. A partire da questa assemblea, dunque, nasce il Patto per la difesa della Sicilia, un coordinamento di tutte le realtà che si battono contro progetti, hub, opere e speculazioni e che vogliono invece immaginare un modello di sviluppo e un futuro diversi per l’isola.

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